Pensioni internazionali

Il sistema comunitario di previdenza e assistenza sociale è disciplinato dai Regolamenti Comunitari e dalle Convenzioni bilaterali, entrambi negozi giuridici di diritto internazionale.
I Regolamenti Comunitari disciplinano in modo completo la sicurezza sociale nei rapporti tra i Paesi dell’Unione Europea, lo Spazio Economico Europeo e la Svizzera, i lavoratori sono assicurati ai fini previdenziali e assicurativi nel Paese in cui svolgono attività lavorativa in modo da usufruire delle forme di tutela previste per i cittadini dello Stato nazionale.

La normativa comunitaria di sicurezza sociale è immediatamente e direttamente applicabile sul territorio dei 28 Paesi che fanno parte dell’Unine Europea.

costituiscono un sistema che assicura al lavoratore migrante (subordinato o autonomo) la conservazione dei propri diritti previdenziali maturati nei periodi di lavoro all’estero. La parità di trattamento sul territorio tra i cittadini nazionali e comunitari, la totalizzazione di tutti i periodi di assicurazione e di contribuzione maturati nel Paesi membri al fine del conseguimento del diritto alle prestazioni, la trasferibilità e l’esportabilità delle prestazioni per richiedere l’erogazione del trattamento pensionistico presso l’istituto del paese dove si elegge residenza, l’unicità della legislazione applicabile per evitare che il lavoratore sia assoggettato a più sistemi di sicurezza sociale sono i principi fondamentali su cui si basa il sistema di sicurezza sociale designato dai Regolamenti. I Regolamenti pertanto intendono eliminare ogni discriminazione tra cittadini di nazionalità diversa, rendere esigibili i diritti previdenziali mediante la possibilità data al lavoratore di poter sommare tutti i contributi versati nei Paesi membri e di poter esportare in tutto il territorio dell’Unione i propri diritti acquisiti, assoggettare il lavoratore a un unico sistema di sicurezza sociale.
Dal 1° maggio 2010, le norme di coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale degli Stati membri della Unione europea, sono state sostituite dalle norme di coordinamento del regolamento CE n. 883/2004 e dal regolamento di applicazione CE n. 987/2009. In casi determinati è previsto che si continuino ad applicare i regolamenti CEE nn. 1408/71 e 574/72. I nuovi regolamenti comunicati si applicano anche alla Svizzera dal 1° aprlie 2012. Dal 1° giugno 2012 i nuovi regolamenti si applicano anche ai tre Paesi che hanno aderito all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (Accordo SEE): Islanda, Liechtenstein e Norvegia.
Il Regolamento Comunitario n. 859/2003 in materia di sicurezza sociale ha esteso l’applicazione dei precedenti Regolamenti anche «ai cittadini di Paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità, nonché ai loro familiari e superstiti, purchè siano in situazioni di soggiorno legale nel territorio di uno Stato membro e si trovino in una situazione in cui non tutti gli elementi si collochino all’interno di un solo Stato membro»[2]. Il Regolamento 859/2003 comporta pertanto la sostanziale equiparazione dei cittadini di paesi terzi ai cittadini migranti comunitari che si spostano all’interno dell’Unione Europea per motivi di lavoro. Affinchè si determini l’equiparazione è necessario che il cittadino di un paese terzo abbia soggiornato e lavorato regolarmente in almeno due stati membri.

sono accordi stipulati con paesi non comunitari ed estranei allo Spazio economico europeo che hanno come oggetto il riconoscimento dei rispettivi regimi di sicurezza sociale per i lavoratori migranti (subordinati e autonomi)
Con la stipula della Convenzione bilaterale gli Stati contraenti si assumono l’obbligo di instaurare e coordinare un regime di assicurazioni sociali con carattere di reciprocità che garantisca la libera circolazione della manodopera. Le Convenzioni bilaterali per essere operanti nell’ordinamento interno dello Stato devono essere ratificate da una legge ordinaria.
Il regolamento del 1971 si applica ai 28 Stati membri dell’Unione, ai paesi che hanno ratificato l’accordo sullo Spazio Economico Europeo (Islanda, Liechtenstein, Norvegia) e alla Svizzera.
Art. 1 Reg. CEE 859/2003
Attualmente i paesi convenzionati extracomunitari sono: Argentina, Australia, Bosnia Erzegovina, Brasile, Canada, Capoverde, Croazia, Jersey e Isole del Canale, Macedonia, Principato di Monaco, Jugoslavia, San Marino, Stati Uniti, Tunisia, Turchia, Uruguay e Venezuela. Apposite trattative di sicurezza sociale sono state firmate ma non ratificate con altri paesi (Cile, Filippine, Marocco)

La contribuzione versata in uno dei Paesi UE o in uno Stato legato all’Italia da convenzione bilaterale, può essere utilizzata in base al principio della totalizzazione. La totalizzazione consiste nel sommare i periodi assicurativi italiani e stranieri al fine di accertare se risultano perfezionati i requisiti alla prestazione richiesta nel regime assicurativo italiano.
Il cumulo può effettuarsi in presenza dei seguenti requisiti: requisito minimo di contribuzione; non sovrapposizione dei periodi risultanti in Stati diversi. Possono essere totalizzati, a seconda dei casi, tutti i tipi di contributi: obbligatori (lavoro dipendente o autonomo), figurativi (servizio militare, malattia, maternità, cassa integrazione guadagni, disoccupazione, tbc, mobilità), da riscatto (corso legale di laurea, contribuzione omessa, contribuzione per attività svolta in Paesi esteri non convenzionati), da versamenti volontari. I periodi contributivi totalizzabili vengono presi in considerazione così come sono riconosciuti dalla legislazione dello Stato in cui sono stati maturati.

Per poter procedere alla totalizzazione dei periodi assicurative, l’assicurato deve far valere in Italia un periodo minimo di contribuzione che per i Regolamenti Comunitari è pari a 52 settimane, mentre invece per i Pesi extra UE varia in base alla convenzione.

Cittadinanza
La cittadinanza del lavoratore assume particolare importanza in quanto le disposizioni contenute nei Regolamenti Cee ed in alcune convenzioni bilaterali, si applicano solo ai cittadini dei Paesi interessati. Non possono avvalersi del diritto alla totalizzazione dei periodi assicurativi, per esempio, i cittadini di Paesi terzi. Essere cittadino di uno dei due Stati contraenti, è indispensabile per l’applicazione delle seguenti convenzioni bilaterali:
Brasile;
Capoverde;
Jersey e Isole del Canale;
Jugoslavia;
Principato di Monaco;
Repubblica di San Marino;
Svizzera;
Tunisia;
Turchia.

Per l’applicazione delle seguenti convenzioni bilaterali è sufficiente che l’assicurato sia o sia stato soggetto alla legislazione di uno dei due Stati contraenti:
Argentina;
Australia;
Canada e Quebec;
Uruguay;
U.S.A.;
Venezuela.

L’art.48 del regolamento CEE n. 1408/71, stabilisce che l’ istituzione di uno stato membro non è tenuta a corrispondere prestazioni se la durata totale dei periodi compiuti sotto la sua legislazione è inferiore ad un anno e se, tenuto conto di questi soli periodi, nessun diritto alle prestazioni è acquisito in virtù di tale legislazione.
Anche i periodi inferiori all’anno sono comunque utili ai fini della totalizzazione.
In questi casi i contributi sono presi in considerazione dallo Stato presso il quale l’interessato matura il diritto a pensione. La quota di pensione derivante da tale contribuzione sarà pagata, dallo Stato che eroga la pensione, solo a decorrere dal perfezionamento dei requisiti previsti dalla legislazione dello Stato presso cui risulta accreditata la contribuzione inferiore all’anno.
Nel caso di più periodi di lavoro inferiori ad un anno svolti in più paesi della comunità europea, sarà l’ultimo stato in cui l’interessato ha prestato l’attività lavorativa, a considerare tutti quei periodi di lavoro come se fossero stati svolti nel suo territorio. Analoga norma è prevista dalle convenzioni bilaterali stipulate dall’Italia con:
Argentina – San Marino – Tunisia – Turchia – USA – Venezuela.
TOTALIZZAZIONE MULTIPLA
In genere la totalizzazione dei contributi non può essere eseguita contemporaneamente con tutti i
Paesi con i quali l’Italia ha sottoscritto la convenzione bilaterale.
Nei casi in cui il lavoratore può far valere contribuzione in diversi Paesi, si sommano separatamente i periodi italiani con quelli di ciascun Stato convenzionato (es. Italia-USA, Italia-Francia ecc.). A questo principio fanno eccezione alcune convenzioni bilaterali, le quali prevedono la possibilità di sommare ai contributi versati nei due stati contraenti, anche quelli versati in altri Paesi che risultano legati da accordi internazionali sia all’Italia sia all’altro Stato (totalizzazione multipla).

I periodi di lavoro all’estero che possono essere riscattati sono quelli prestati come lavoratore dipendente in Paesi esteri non legati all’Italia da convenzioni in materia di sicurezza sociale. E’ comunque possibile il riscatto di periodi di lavoro prestato in Paesi convenzionati quando questi risultino scoperti di assicurazione e contribuzione (ad esempio perché trattasi di lavori non soggetti ad obblighi assicurativi o perché la contribuzione è stata omessa).
Non è previsto alcun requisito minimo di contribuzione da far valere unica condizione è quella di possedere la cittadinanza italiana all’atto della domanda.
Domanda e onere di riscatto
Per quanto attiene l’onere ci si rifà ai criteri della legge 1338 del 1962. Il DLgs 184 del 1997 ha esteso, dal 12/7/1997, la facoltà di riscatto anche ai fondi sostitutivi ed esclusivi dell’Ago.

Quando il numero dei contributi versati in Italia non è sufficiente per ottenere l’autorizzazione ai versamenti volontari e il richiedente può far valere anche contributi versati in Paesi legati all’Italia da convenzioni di sicurezza sociale tale contribuzione può essere presa in considerazione per perfezionare il requisito richiesto (Totalizzazione).
Per poter procedere alla predetta totalizzazione è necessario, di norma, far valere in Italia almeno un contributo settimanale effettivo.
È invece necessario far valere almeno 52 contributi in Italia per poter totalizzare le contribuzioni versate in: Australia, Tunisia, Venezuela.

Quando il lavoratore possiede un numero di contributi inferiori a quello previsto per il diritto autonomo alla pensione nazionale, può ricorrere alla totalizzazione dei periodi assicurativi esteri al fine di maturare il diritto alla prestazione pensionistica. In questo caso il calcolo della pensione viene effettuato in pro-rata, cioè in proporzione ai periodi assicurativi maturati nel Paese che liquida la pensione.

Un esempio:
Lavoratore italiano che ha raggiunto l’età pensionabile e ha versato 6 anni di contribuzione in Italia e 14 anni in Germania. Prima si calcola la pensione italiana sulla base dei 20 anni di contribuzione (sommando i 6 anni italiani con i 14 tedeschi come se il lavoratore avesse svolto la sua attività solo in Italia).
Questa pensione detta “virtuale” viene corrisposta al 30% del suo importo, in quanto deve essere rapportata ai soli contributi italiani (i 6 anni sono, appunto, il 30% dei complessivi 20 anni). Il pro-rata italiano sarà, quindi, relativo ai 6 anni di contribuzione (il 30% dell’importo della pensione virtuale.). La Germania calcolerà il pro-rata a proprio carico, in relazione ai 14 anni di contribuzione, sulla base della propria legislazione e secondo il medesimo criterio.

Se nei confronti del lavoratore, risultano soddisfatti (con la sola contribuzione versata nel medesimo Paese) i requisiti che la legislazione nazionale prescrive per il diritto a pensione, non si terrà conto dei periodi assoggettati all’altra legislazione estera. In questo caso, infatti, spetta il pagamento della pensione prevista dalla legislazione di quello Stato, che sarà calcolata unicamente sulla base dei soli periodi risultanti assicurati in quello Stato.
INTEGRAZIONE AL TRATTAMENTO MINIMO
Ai fini dell’integrazione al trattamento minimo delle pensioni liquidate in regime internazionale, negli ultimi anni sono state introdotte ulteriori norme oltre quelle contenute nell’articolo 8 della legge 153/69.
Le pensioni in regime internazionale dei residenti all’estero liquidate prima del 31 gennaio 1991, infatti, erano integrate al trattamento minimo indipendentemente dai redditi posseduti dal pensionato e dal numero dei contributi accreditati in Italia in costanza di rapporto di lavoro. Al momento del pensionamento con il paese estero interessato, l’importo percepito dall’estero veniva detratto , fino a sua concorrenza, dalla quota di integrazione (art.8 legge 153/69).
La legge 407/90 ha apportato delle restrizioni al diritto all’integrazione al minimo per le pensioni liquidate in convenzione internazionale. Con l’entrata in vigore della predetta legge (1 febbraio 1991) le pensioni sono integrate al trattamento minimo solo a condizione che l’assicurato:
-possa far valere un’anzianità contributiva, in costanza di rapporto di lavoro svolto in Italia, non inferiore ad un anno;
-non possieda redditi, assoggettabili all’IRPEF, per un importo annuo superiori a quelli stabiliti dalla legge.
Le pensioni, erogate ai residenti all’estero, aventi decorrenza anteriore al 1° febbraio 1991 integrate al trattamento minimo, liquidate con meno di 52 contributi in costanza di rapporto di lavoro, vengono confermate (“cristallizzate”) nell’importo in pagamento al 1° gennaio 1991, fino a quando l’importo dell’integrazione al trattamento minimo non venga riassorbito dalla perequazione della pensione base.
Per quanto riguarda i residenti in Italia trova applicazione la normativa internazionale vigente in materia di sicurezza sociale, la quale impone al Paese di residenza dell’interessato la garanzia dell’importo della prestazioni minima prevista dalla legislazione interna.
Pertanto, sulle pensioni erogate ai residenti in Italia, ai sensi della predetta normativa, ferma restando la sussistenza degli altri requisiti richiesti dalla normativa nazionale, va attribuito il trattamento minimo anche in assenza del requisito dell’anno di contribuzione in costanza di rapporto di lavoro svolto in Italia. Sono ancora fuori da questa salvaguardia le pensioni liquidate in base agli Accordi stipulati con il Canada, la Svizzera* ed il Venezuela.
* Tra la Confederazione Svizzera e l’Unione Europea. Nel 1999, è stato stipulato un Accordo in base al quale la Svizzera applicherà i Regolamenti CEE in materia di sicurezza sociale e di libera circolazione dei lavoratori. Questo Accordo è entrato in vigore il 1° giugno 2002.

Ai fini dell’accertamento del requisito dei 52 contributi settimanali, per il diritto all’integrazione al trattamento minimo, devono essere computati anche i contributi versati dopo la decorrenza originaria della pensione. La contribuzione da considerare utile ai fini del raggiungimento del requisito richiesto dalla legge 407/90 è la seguente:
-contribuzione versata a favore del lavoratore il relazione ad attività lavorativa sia dipendente che autonoma;
-contributi figurativi accreditati per eventi verificatisi in costanza di rapporto di lavoro;
-contributi da riscatto per periodi di lavoro all’estero;
-contributi trasferiti dall’assicurazione svizzera o dal Liechtenstein;
-contributi trasferiti da altri Stati in applicazione di apposite norme internazionali comportanti annullamento della posizione assicurativa estera;
-contributi accreditati nell’assicurazione italiana per periodi di lavoro prestato in Romania ai sensi dell’Accordo tra Italia e Romania del 23 gennaio 1968;
-contributi accreditati nell’assicurazione italiana per il periodo di lavoro prestato tra il mese di maggio del 1945 ed il mese di dicembre 1954 nei territori ceduti dall’Italia alla Yugoslavia;
-contributi accreditati nell’assicurazione italiana per periodi di lavoro prestati nella Zona B dell’ex territorio libero di Trieste tra il 1 maggio 45 ed il 5 ottobre del 1956;
-contributi accreditati nell’assicurazione italiana relativamente alle somme rimborsate dalle assicurazioni svedese e norvegese;
-contributi accreditati nell’assicurazione italiana per i periodi di lavoro svolti in Libia.
Sono invece da escludere per il raggiungimento del predetto requisito i seguenti contributi:
-contributi da riscatto del corso legale di laurea;
-versamenti volontari;
-contributi figurativi accreditati per eventi verificatisi non in costanza di rapporto di lavoro.
Precisazione:
Questi contributi non sono utili ai fini di maturare l’anzianità contributiva minima necessaria per poter accedere all’eventuale integrazione al trattamento minimo, ma, al contrario, sono utili per il raggiungimento del diritto a pensione.

Il Dl n. 384/92 e la legge 724/94, hanno apportato ulteriori restrizioni al diritto all’integrazione al trattamento minimo.
Per le pensioni liquidate con decorrenza 1° ottobre 1992 e successiva, infatti, per aver diritto all’integrazione al trattamento minimo, occorro almeno 5 anni di contribuzione in costanza di rapporto di lavoro (Dl 384/92).
Per le pensioni liquidate con decorrenza 1° febbraio 1995 e successiva occorrono, invece, dieci anni di contribuzione in costanza di rapporto di lavoro (legge n° 724/94). Le norme suddette si applicano esclusivamente alle pensioni aventi decorrenza rispettivamente dal 1° ottobre 1992 e 1° febbraio 1995, non è prevista cristallizzazione per le pensioni aventi decorrenze anteriori alle predette date.
Ai sensi della legge 335/95, dal 1° gennaio 1996, l’integrazione al minimo sulla pensione italiana viene ricalcolata ogni anno tenendo conto delle variazioni intervenute nel trattamento estero.
Con l’entrata in vigore della legge 407/90 (1 febbraio 1991) l’integrazione al trattamento minimo non spetta quando il pensionato possiede redditi, assoggettabili all’IRPEF, per un importo pari a due volte l’ammontare annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in misura pari a 13 volte l’importo mensile in vigore al 1° gennaio di ciascun anno.
Con effetto dal 1° gennaio 1994 la summenzionata norma viene modificata dall’articolo 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, il quale stabilisce che ai fini del diritto all’integrazione al trattamento minimo assume rilievo, oltre al reddito proprio, anche il reddito del coniuge non legalmente ed effettivamente separato in misura pari a 4 volte l’ammontare annuo del trattamento minimo.
Pertanto per aver diritto all’integrazione al trattamento minimo i redditi dell’interessato non devono superare:
-se solo – l’importo pari a due volte l’ammontare annuo del trattamento minimo
-se coniugato – fermo restando che il reddito proprio non deve superare due volte l’ammontare annuo del trattamento minimo, deve tenersi conto anche del reddito del coniuge che sommato a quello personale non deve superare quattro volte l’ammontare annuo del trattamento minimo.
Precisazione:
Per le persone coniugate, l’integrazione al minimo non può, comunque, essere assegnata se il reddito personale supera i limiti di legge, anche se il reddito cumulato è inferiore. Analogamente, l’integrazione non può essere riconosciuta se il reddito personale è inferiore al limite suddetto ma il reddito cumulato supera tale limite.

Il Regolamento n.1247 /92, entrato in vigore il 1° giugno 1992, prevede che le “prestazioni speciali a carattere non contributivo”, tra queste è compresa anche l’integrazione al trattamento minimo, non possono essere erogate in un Paese dell’Unione Europea diverso da quello che eroga la prestazione.
A decorrere dalla suddetta data, pertanto, non può essere attribuita l’integrazione al trattamento minimo, né possono essere erogate prestazioni di carattere assistenziale, a coloro che sono residenti in Paesi della Unione Europea diversi dall’Italia.
Questa norma si estende anche ai titolari di pensioni ottenute mediante l’applicazione di convenzioni internazionali per cui, se il titolare di una pensione liquidata in convenzione risiede in uno Stato dell’Unione Europea, perde l’integrazione al trattamento minimo in base al principio di inesportabilità delle suddette prestazioni.

Ricordiamo che le disposizioni della regolamentazione comunitaria concernenti le prestazioni non contributive sono state parzialmente modificate dal Regolamento C.E. n. 647 del 13 aprile 2005, in vigore dal 5 maggio 2005.
In base a quanto stabilito dall’art. 1, paragrafo 2, del suddetto regolamento, e al punto 2 del relativo allegato I, a decorrere dal 1 giugno 2005, non hanno diritto alle maggiorazioni sociali di cui alla legge n. 544 del 29 dicembre 1988 e successive modifiche, coloro che sono residenti in uno Stato membro dell’Unione europea diverso dall’Italia.