La tragedia di Firenze strazia, ma non stupisce. Sui luoghi di lavoro si consuma quotidianamente un bollettino di guerra che la UIL denuncia da tempo. E non solo la UIL. Basta guardare gli ultimi dati provvisori sugli infortuni sul lavoro dell’INAIL. Il riepilogo di fine anno confronta il periodo gennaio-dicembre 2023 con lo stesso periodo del 2022 e non rileva alcun miglioramento.

INFORTUNI: I SETTORI DOVE AUMENTANO

Infatti, sono stati registrati 585.356 infortuni, 112 mila in meno rispetto l’anno precedente. Un calo, però dovuto quasi esclusivamente al “minor peso” dei casi Covid. Al netto dei contagi la riduzione è decisamente più contenuta, passando dal 16% in meno al solo 1%. Inoltre, analizzando i numeri per settori persistono ambiti lavorativi dove gli infortuni non fanno altro che aumentare. Ad esempio, nel settore bevande si è registrato un +24,9%, nella fabbricazione di autoveicoli +22,0%, nella fornitura di acqua-reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento +14,3%. Gli incrementi non hanno risparmiato, poi, l’ambito della riparazione, manutenzione ed installazione di macchine ed apparecchiature (+8,7%), dell’abbigliamento (+5,4%), delle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (+4,4%) e delle costruzioni (+4,1%).

PIÙ GIOVANI, PIÙ A RISCHIO

Anche l’analisi per classi d’età dà risultati preoccupanti, perché sono i giovanissimi a pagare di più le lacune sulla salute e sicurezza sul lavoro. Per la precisione la categoria che ha registrato un aumento degli infortuni è proprio quella degli under 20. Tra questi 9 incidenti su 10 riguardano degli studenti. Il 97% sono alunni di scuole pubbliche statali mentre il 3% sono “delle scuole private o pubbliche non statali rientranti nella gestione industria e servizi”. Un altro campanello dall’allarme che dovrebbe far riflettere sulla grave carenza di formazione e supporto nei progetti di alternanza scuola lavoro
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetuer adipiscing elit.

OLTRE MILLE MORTI SUL LAVORO

E se numeri e dati sugli infortuni avviliscono, quelli sulle morti sul lavoro scioccano. Continuiamo a contare oltre 1000 morti sul lavoro. Tra gennaio-dicembre 2023 abbiamo registrato 1041 decessi contro i 1090 del 2022. Una misera variazione del 4,5% che deriva soprattutto dalla riduzione delle morti in itinere, cioè nel percorso casa-lavoro. Gli incidenti mortali (sempre che siano incidenti) in occasione da lavoro, invece, aumentano. Non sono mancati commenti di soddisfazione per queste oscillazioni statistiche che, in realtà, non hanno nulla a che fare con un effettivo cambio di rotta nella tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Va certamente considerato che si tratta di dati provvisori. I prossimi aggiornamenti permetteranno di tracciare un quadro più consolidato. Ma la tendenza del fenomeno è purtroppo palese. E l’indirizzo del Governo lo è stato altrettanto. I sindacati attendono da luglio scorso di essere convocati per intervenire sull’emergenza della sicurezza sul lavoro. Eppure, nulla è stato fatto, se non un breve consulto integrativo venerdì scorso su un decreto già approvato la mattina stessa.

UN GOVERNO ASSENTE.

L’approccio dovrebbe essere esattamente il contrario. Andrebbe avviato un percorso di dialogo con le parti sociali per decidere e attivare delle misure strutturali che agiscano prima, durante e dopo.

Innanzitutto, bisogna lavorare sulla prevenzione e la formazione, garantendo tutti gli strumenti di tutela a lavoratrici e lavoratori. Specie ai più giovani impegnati nell’alternanza scuola-lavoro.

Secondo poi, è cruciale investire risorse per aumentare ispezioni e ispettori, dando sostanza alla legislazione d’avanguardia che fortunatamente abbiamo nel nostro Paese. Allo stesso tempo, non possiamo più tollerare che gare al massimo ribasso e subappalti a cascata, finiscano per sacrificare la vita di chi lavora in nome del profitto. Come non è accettabile che con la Riforma Cartabia, il più delle volte, i processi per morti e infortuni sul lavoro finiscano in prescrizione, senza garantire neanche giustizia alle famiglie delle vittime. In tal senso, non solo pretendiamo più efficienza del sistema giudiziario, ma che questo si adegui alla portata dei reati che giudica. Perché quando non si applicano le norme sulla sicurezza, non parliamo di incidenti, ma di omicidi e tale deve essere la loro denominazione nel codice penale. Lo abbiamo fatto per l’omicidio nautico, facciamo altrettanto per le stragi sul lavoro.

Sono proposte avanzate dal Sindacato Confederale da mesi, se non anni, che finora non hanno ricevuto risposta. La volontà politica di attuarle non si è ancora concretizzata, nonostante fatti come quello del crollo nel cantiere di ESSELUNGA continuino a susseguirsi senza tregua.

UIL e CGIL lo ribadiranno ancora una volta, domani 21 febbraio, in piazza a Firenze. Basta morti sul lavoro, il profitto non vale la vita umana!
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetuer adipiscing elit.